La conversazione, Venezia, Fenzo, 1758

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di conversazione con sedie.
 
 Madama LINDORA, donna BERENICE, don FILIBERTO, don FABIO, SANDRINO, GIACINTO e LUCREZIA. Tutti a sedere bevendo la cioccolata
 
 tutti
 
    Che bevanda delicata!
 Che diletto che mi dà!
 Viva pur la cioccolata
 che dà gusto e sanità.
 
 a due
 
5   Par miglior la cioccolata
 allorquando vien donata
 e lo sanno quei che vanno
 a scroccar di qua e di là.
 
 tutti
 
    Viva pur la ciocolata
10e colui che l’ha inventà
 e chi fece la canzone
 prega tutti inginocchione
 a mandarne in quantità,
 che il poeta goderà.
 
 don Fabio
15E chi è questo poeta
 che ha fatto la canzone?
 Madama
                                              È un galantuomo
 che si affatica ogniora
 e colla cioccolata si ristora.
 Sandrino
 Sì, cospetto di Bacco!
20Doman mattina ghe ne mando un sacco.
 don Fabio
 Bravo signor Sandrino,
 mandateghene un sacco ed un cassone.
 Io gli regalerò la protezione.
 Giacinto
 Madama, con licenza.
25Vado al Reale albergo
 a veder s’è venuto un forastiere. (S’alza)
 Madama
 Certo; monsieur Giacinto
 degli amici ha per tutto.
 Giacinto
                                               Sì signora
 ho degli amici fin nell’Indie ancora.
30Fatto ho il giro del mondo,
 tutte le quattro parti ho pratticato
 e voi vedrete il mio giornal stampato.
 In quattordici lingue
 parlo, scrivo e traduco.
35So i riti, so i costumi
 dei popoli remoti
 e gl’incogniti ancora a me son noti.
 Coi vili sono asiatico, (Fa il grave)
 coi grandi sono italico. (Fa l’umile)
40Nel spender sono inglese.
 Son colle dame un paladin francese. (Fa riverenze e parte)
 Madama
 Bella caricatura!
 Girato ha tutto il mondo.
 Ha quattordici lingue,
45un uom sì peregrino
 mapamondo può dirsi e calepino.
 Lucrezia
 Brava, brava davvero;
 che sian dotti o ignoranti o belli o brutti,
 trova madama il sopprannome a tutti.
 don Fabio
50Di me cosa direte? (A madama)
 Madama
 Oh il signore don Fabio
 non ha verun diffetto.
 Ho per lui della stima e del rispetto.
 don Fabio
 Brava la vedovella.
55Non stimo l’esser bella,
 stimo la cognizione
 di distinguere il merto e le persone.
 Nelle vostre occorenze
 ricorrete da me, ch’io sarò pronto.
60Della mia protezion fatene conto.
 
    Quando vo per la città,
 chi mi chiama per di qua,
 chi mi chiama per di là.
 Chi s’inchina al protettor.
65Chi mi prega di un favor.
 Dico all’uno: «Si farà»,
 dico all’altro: «Si vedrà».
 
    È una cosa che fa ridere
 il sentir la povertà:
70«Illustrissimo signore,
 cavalier benefattore,
 per la vostra nobiltà
 fatte a noi la carità». (Parte)
 
 SCENA II
 
 Madama LINDORA, donna BERENICE, don FILIBERTO, LUCREZIA, SANDRINO
 
 Madama
 Veramente, signori,
75far la critica a tutti io non costumo
 ma il signore don Fabio
 dir si potrebbe il cavalier del Fumo.
 Sandrino
 Dite ben, dite bene,
 lo stato del meschin non ci è nascosto,
80egli il fumo coltiva ed io l’arrosto.
 Madama
 Nominando l’arrosto
 mi ha fatto sovvenir che ho da pregarvi
 che vogliate degnarmi,
 quest’oggi in casa mia,
85che mangiamo la zuppa in compagnia.
 Sandrino
 Sì, verrò volentieri
 ma tutti anch’io v’invito
 per un’altra matina ad un convito.
 Frattanto permettete
90ch’io mandi questa mane
 per i miei servitori
 quattro casse di vini e di liquori.
 
    Son generoso,
 non fo parole,
95dono i zecchini
 a chi ne vuole,
 i miei danari
 li fo saltar.
 
    Se un bel visetto
100mi fa d’occhietto
 cento dobbloni
 gli vuo’ donar. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Madama LINDORA, donna BERENICE, don FILIBERTO, LUCREZIA
 
 Madama
 Par che il signor Sandrino,
 salvo sempre il decoro,
105si potrebbe chiamar l’asino d’oro.
 Lucrezia
 Madama, a quel ch’io sento
 voi non la risparmiate a chi che sia.
 Ditemi il mio diffetto in faccia mia.
 Madama
 Oh cara Lucrezina
110voi siete una cosina assai compita,
 siete bella e polita,
 avete dello spirito non poco.
 Degli scherzi conosco il tempo e il loco.
 Lucrezia
 Basta, ve l’avvertisco,
115a sentirmi a burlare io ci patisco.
 Della vostra amistà voglio fidarmi.
 Serva, signori miei; vado a scaldarmi. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 Madama LINDORA, donna BERENICE, don FILIBERTO
 
 Madama
 Ha ragione Lucrezia,
 se riscaldarsi un pocolin procura,
120povera Lucrezina è una freddura.
 don Filiberto
 Madama, con licenza.
 Madama
                                          Dove andate?
 don Filiberto
 Deggio partir.
 Madama
                             Restate.
 don Filiberto
 Ritornerò dapoi.
 Madama
 Lo lasciate partir? Che dite voi? (A donna Berenice)
 donna Berenice
125Trattenerlo poss’io?
 Madama
                                       Sì che il potete.
 Egli tutto farà quel che volete. (A donna Berenice)
 Non è vero signore? (A don Filiberto)
 don Filiberto
 Degno non son che donna Berenice
 di un comando mi onori.
 Madama
130Rispondete: «Gradisco i suoi favori». (A donna Berenice)
 donna Berenice
 Cara signora zia, mi fate ridere.
 Madama
 Da rider vi è venuto?
 Eh barona ca ca ti ho conosciuto,
 orsù, parliamo schietto. (A tutti due)
135Siete da maritar, vi compatisco.
 Tornate presto; giocheremo un poco. (A don Filiberto)
 Andiam Lucrezia a ritrovare al foco. (A donna Berenice)
 donna Berenice
 Serva don Filiberto. (Parte)
 don Filiberto
                                        A voi m’inchino.
 Madama
 S’ei volesse sposar questa ragazza,
140oh farebbero pur la bella razza. (Parte)
 
 SCENA V
 
 Don FILIBERTO solo
 
 don Filiberto
 Oh quanto agli occhi miei
 Berenice è vezzosa!
 Tengo la fiamma ascosa,
 faccio l’indifferente
145ma l’amore si scopre facilmente.
 Madama è di buon core,
 ama la sua nipote,
 ha di me buon concetto
 e sol da lei la mia fortuna aspetto.
 
150   Chi timido tace
 sé stesso condanni.
 Può solo l’audace
 fortuna sperar.
 
    Non giovan sospiri,
155son vani i martiri;
 coraggio mio core,
 palesa l’amore,
 se brami, se speri
 contento provar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Camera.
 
 Madama LINDORA e LUCREZIA
 
 Madama
160Senz’altro, Lucrezina,
 vuo’ che vi maritate.
 Lucrezia
 Voi perché non lo fate?
 Madama
                                             Dieci mesi
 stata son maritata.
 Lucrezia
                                     Se credessi
 che altrettanto vivesse il sposo mio
165vorrei stassera maritarmi anch’io.
 Madama
 Credete il matrimonio
 una dura cattena?
 Lucrezia
 Qualunque soggezion mi reca pena.
 Madama
 Quando aveva marito
170io mi ho ben divertita.
 La catena per me non parve amara
 ma convien saper far, sorella cara.
 Lucrezia
 So quel che dir volete,
 so anch’io quel che si fa.
175Ma fia sempre miglior la libertà.
 Madama
 In questo v’ingannate.
 Le donne maritate
 con un po’ di giudizio
 fanno miglior figura.
 Lucrezia
180Questa proposizion nego a drittura.
 Dico che una fanciulla
 comoda in casa sua passabilmente
 può la pace goder più facilmente.
 Madama
 Ecco il signor Giacinto.
185Sappia la diferenza
 e col suo calepin dia la sentenza.
 
 SCENA VII
 
 GIACINTO e dette
 
 Giacinto
 Madame de tout mon coer
 trois houmble servitour.
 Madama
 Monsieur vostre servante.
 Giacinto
190Vous jêtte man metresse trois obblissante.
 Lucrezia
 Ehi! Sentite.
 Giacinto
                           Bas ist?
 Lucrezia
 Cosa dite signor?
 Giacinto
                                   Nix fresté Taic?
 Lucrezia
 Jo, pizzle fresté Taic.
 Giacinto
 Jonfraul, main Ssozz. (Vuole accostarsi)
 Lucrezia
                                           Ehi state da lontano
195o saprò strappazzarvi in italiano.
 Giacinto
 Questo, signora mia,
 splin si chiama in inglese
 che in Italia vuol dir malinconia.
 Madama
 Via, signor mapamondo,
200voi che tanto sapete
 una nostra contesa decidete.
 Io tengo che sia meglio
 vivere col marito in società.
 Lucrezia
 Io sostengo miglior la libertà.
 Giacinto
205Varie son le oppinion, vari i caprici,
 a chi piace la torta, a chi i pastici.
 Sunt bona mixta malis,
 sunt mala mixta bonis
 come dice il furlan ciaris patronis.
210In Francia, in Inghitierra
 stan ben le maritate.
 In Spagna ritirate
 stanno la notte e il dì
 e in Italia dirò... così, così.
215Ma s’io avessi una sposa
 meco godrebbe un vivere giocondo
 e la farei star ben per tutto il mondo.
 
    San fasson, allegramente
 saprei vivere e brillar.
220A suo tempo dolcemente
 da marito saprei far.
 E ma famme avec mué
 dans le mond, jamé jamé!
 
    Coll’amico e col servente
225vada pur liberamente
 dove vuol di qua e di là.
 Io brillando alla tedesca
 colla Fraila e la fantesca
 vuo’ ballare ubsassà. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Madama LINDORA e LUCREZIA
 
 Madama
230Che dite? Non è bello?
 Che original cervello!
 Fa dei linguaggi un gazzabuglio strano
 ed unisce il latin con il furlano.
 Lucrezia
 È una testa sventata,
235non sa quel ch’ei si dica.
 Nella nostra questione
 non disse una ragione.
 Ma io però me l’ho cacciata in testa,
 so che ho ragion e la ragione è questa.
 
240   Una donna maritata
 qualche cosa goderà
 ma non ha la libertà.
 
    Il marito inviperito
 qualche giorno griderà.
245E la suocera dirà:
 «Vanarella sfacciatella,
 fuor di casa non si va».
 E coi figli che sarà?
 
    «Mamma la pappa.
250Mamma la cacca».
 «Bambolo bello
 viene il pappà».
 
    Non vuo’ cullare.
 Non vuo’ gridare,
255voglio godere
 la libertà. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Madama LINDORA, poi donna BERENICE
 
 Madama
 Per dir quel che conviene,
 ella l’intende bene.
 Non ho avuti figliuoli,
260ho avuto un buon marito
 ma una suocera ebb’io così cattiva
 che parea mi volesse mangiar viva.
 Berenice
 Cara signora zia,
 con quel signor Giacinto
265in compagnia non voglio stare al certo.
 Madama
 Presto presto verrà don Filiberto.
 Berenice
 Voi credete signora...
 Non è ver, v’ingannate.
 Madama
 Vi volete scusare e v’imbrogliate.
270Non crediate nipote
 di conversar coi sciocchi.
 Vi conosco negli occhi.
 Povera giovinotta!
 Non lo state a negar; voi siete cotta.
 Berenice
275Voi mi mortificate.
 Madama
                                      Poverina!
 Fate l’innocentina
 ma quando vi dicessi:
 «Se volete lo sposo, eccolo qui»,
 quel modesto bocchin diria di sì.
 Berenice
280Per dirvi quel ch’io penso...
 Madama
                                                    State zitta,
 viene il signor Sandrino.
 Godiamolo un pochino,
 per cavar la risata
 fate con esso lui l’innamorata.
 Berenice
285Ma io non saprò far.
 
 SCENA X
 
 SANDRINO e dette
 
 Sandrino
                                        Servo signore,
 eccomi pronto e lesto.
 Madama
 Siete tornato presto,
 si vede appertamente
 che il signore Sandrino
290non può stare lontan da quel visino.
 Sandrino
 Di chi?
 Madama
                 Di mia nipote.
 Sandrino
                                              Oh cosa dite?
 Io di quella signora
 son servitore e amico
 ma so che a lei non ghe n’importa un fico.
 Berenice
295(Affé, l’ha indovinata).
 Madama
 Povera Berenice!
 Se sapeste di voi quel che mi ha detto.
 Per voi si sente abbrustolare il petto.
 Sandrino
 Per me? Se fosse vero...
 Madama
300Credete ai labbri miei.
 Sandrino
 Vorrei sentirlo a confermar da lei.
 Madama
 Berenice parlate,
 ditegli che l’amate,
 siete da maritar, che male c’è?
305Via, non abbiate soggezion di me.
 Berenice
 È superfluo ch’io il dica.
 Di già il signor Sandrino
 avrà il core impegnato.
 Sandrino
                                             Oh no signora.
 Son per fortuna mia libero ancora.
310Però s’ella si degna...
 Madama
 Il suo cor vi presenta. (A Berenice)
 Berenice è contenta. (A Sandrino)
 Sandrino
 Davver?
 Madama
                   Dice di sì.
 Non è ver, Berenice? Ella è così.
 Berenice
315(Fingere non son buona
 per ischerzo né meno).
 Sandrino
                                             Eppure ancora
 non ha detto di sì. (A madama)
 Madama
                                     Poveri sciocchi!
 Voi non capite il favellar degli occhi.
 
    Beltà modestina
320si spiega così.
 Con quella occhiattina
 vuol dire di sì.
 
    Non sanno gli sciocchi
 che diconsi gli occhi
325finestre del cor.
 
    Pupilla d’amor
 che il seno ferì,
 con quella occhiattina
 vuol dire di sì.
 
 SCENA XI
 
 Dona BERENICE e SANDRINO
 
 Berenice
330(Spiacemi che madama
 mi abbia lasciata sola).
 Sandrino
 Via dite una parola,
 or che nessun ci sente
 voi potete parlar liberamente.
 Berenice
335Vi prego in cortesia...
 Mi dovreste capir.
 Sandrino
                                    Ch’io vada via?
 Berenice
 Mi farete piacer.
 Sandrino
                                  La riverisco.
 Questa razza d’amor non la capisco. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Donna BERENICE sola
 
 Berenice
 Egli s’inganna al certo,
340quel che il core mi punge è Filiberto.
 Mia zia mi dà coraggio,
 l’amor mi cresce in petto.
 Parlerò, svelerò l’interno affetto.
 Buon per me che si fida
345di cotesta mia zia la genitrice.
 Sì sì, col mezzo suo sarò felice.
 
    Che bel piacere è amar
 senza tormenti al cor!
 L’idolo suo mirar,
350seco parlare ancor!
 
    Fammi arrossire in viso
 un vezzo ed un sorriso.
 Non gli risponde il labbro
 ma gli risponde il cor. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 Don FABIO, poi MARIANNA
 
 Fabio
355O di casa.
 Marianna
                     Che fol?
 Fabio
 Vi è la padrona?
 Marianna
                                 Jo, mai libre Her.
 Fabio
 Fatele l’imbasciata.
 Marianna
 Fol andar?
 Fabio
                       Se si può.
 Marianna
                                           Jo, star padrone.
 Fabio
 Anderò. Vi saluto. (In atto di partire)
 Marianna
360Niente per mi donar?
 Poffra tedeschina.
 Fabio
 Sì sì, ci rivedremo domatina.
 Marianna
 
    Ma dir patrona,
 fa mi saver
365che lei del Fume
 star cavalier.
 
    Jo, gutt Morghen
 mai libre Her. (Parte)
 
 Fabio
 Dica pur quel che vuol l’impertinente.
370Se la vedo morir, non le do niente.
 
 SCENA XIV
 
 Don FABIO, madama LINDORA servita da GIACINTO. LUCREZIA servita da SANDRINO
 
 Madama
 Oh signore don Fabio
 che grazie sono queste?
 Ella vuol stare a favorir da noi?
 don Fabio
 Voglio pranzar con voi.
375Così fanno gli amici,
 senz’essere invitati,
 vengon liberamente.
 Le cerimonie non le stimo niente.
 Sandrino
 Certo le cerimonie
380si ponno risparmiare
 quando in casa non si ha con che mangiare.
 don Fabio
 Cosa c’entrate voi?
 Per un po’ di denari
 mettere si vorria con un mio pari.
 Giacinto
385Douccemant mes amì,
 non si contrasti più,
 questo dell’amicizia è il rande vous.
 Lucrezia
 Su via; prima del pranzo
 divertiamoci un poco.
 Madama
390Giochiamo a qualche gioco.
 Don Filiberto non si vede ancora,
 possiam giocare e divertirci un’ora.
 Sandrino
 Ecco cento zecchini.
 Li taglio al faraone.
 Madama
395No, non è gioco da conversazione.
 Siamo in cinque; possiamo
 fare un hombre e un pichetto.
 Sandrino
                                                                Io non ne so;
 ma son qui, giocherò.
 don Fabio
 Farò quel che vi pare.
400(Se perderò, come farò a pagare?)
 Madama
 Ecco qui la partita.
 Don Fabio e Lucrezina
 giocheranno a pichetto.
 Lor signori con me
405faranno all’hombre una partita in tre.
 Sandrino
 Son pronto.
 don Fabio
                         Eccomi qui.
 Lucrezia
 Disponete di me.
 Giacinto
                                   Giochiamo uì.
 Madama
 Presto, che si prepari
 per l’hombre e per pichetto. (Ai servitori, quali portano i due tavolini col bisognevole per i due giochi e le sedie)
 don Fabio
410(Destino maledetto!
 Non ho un soldo in saccoccia).
 Madama
                                                         Miei signori
 del prezzo delle puglie disponete.
 Sandrino
 Di un zecchino alla puglia.
 Giacinto
 È troppo.
 Madama
                     Così è.
 Giacinto
415A me piace giocar pour amitié.
 Madama
 Basta un soldo alla puglia.
 Giacinto
                                                  Io mi contento.
 Madama
 La spadiglia obbligata infino al cento.
 Lucrezia
 Noi di quanto giochiamo? (A don Fabio)
 don Fabio
                                                   Comandate.
 Lucrezia
 Un paolo alla partita
420ma con tutti i malanni.
 don Fabio
                                             Io sto al comando.
 (Fortuna al tuo favor mi raccomando). (Facendosi il ritornello dagli strumenti frattanto si danno le carte)
 Madama
 
    Mi è venuta la spadiglia,
 qualche cosa avrò da far.
 È permesso? Voglio entrar.
 
 Sandrino, Giacinto a due
 
425   Entri pure, non mi oppongo.
 
 Madama
 
 Se non trovo la ripongo.
 Delle spade ho da trovar.
 
 Lucrezia
 
    Sessantotto è il punto mio,
 ho una settima maggior.
430Un pichetto dar vogl’io.
 
 don Fabio
 
 (Ah destino traditor).
 
 Madama
 
    Gioco trionfo.
 
 Giacinto, Sandrino a due
 
 Io gliene do.
 
 Lucrezia
 
 Ho tre cavalli.
 
 don Fabio
 
435Che dir non so.
 
 Lucrezia
 
    Diciassette della settima
 e col punto ventiquattro,
 tre cavalli ventisette.
 
 don Fabio
 
 (Questa volta tocca a me).
 
 Madama
 
440   Gioco coppe.
 
 Giacinto
 
                              Mia di re.
 
 Sandrino
 
 Se non dice.
 
 Madama
 
                          Tagli pure,
 quattro baze le ho sicure
 e in tenacca io resterò.
 
 Lucrezia
 
    E ventotto e ventinove
445e sessanta e sessantuno.
 
 don Fabio
 
 Faccio cinque.
 
 Lucrezia
 
                             Io non lo so.
 
 don Fabio
 
 Sì signora, io lo farò.
 
 Madama
 
    L’ho portato, l’ho portato.
 
 Giacinto, Sandrino a due
 
 Viva lei che ha ben giocato.
 
 Giacinto, Sandrino, Madama a tre
 
450Che bel gioco è l’hombre in tre,
 più bel gioco no, non vi è,
 re dei giochi dir si può.
 
 Lucrezia
 
    Non fa cinque.
 
 don Fabio
 
                                 Lo farò.
 
 Lucrezia
 
 A denar non ha risposto.
 
 don Fabio
 
455Non è vero.
 
 Lucrezia
 
                        Una mentita? (Si alza)
 
 don Fabio
 
 Ho da perder la partita? (Si alza)
 
 Lucrezia
 
 Questa è poca civiltà.
 
 don Fabio
 
 (La ragione non la sa).
 
 Madama
 
    Cosa è stato? (S’alza)
 
 don Fabio
 
                               Niente, niente.
 
 Lucrezia
 
460Quel signore impertinente
 ebbe ardire di smentire,
 di negar la verità.
 
 Madama
 
 Questa è troppa inciviltà.
 
 Sandrino
 
 Padron mio così si fa?
 
 Giacinto
 
465Ritrattare si dovrà.
 
 don Fabio
 
    Son galantuomo,
 non ha ragione.
 
 Lucrezia
 
 Vuo’ mi sia data
 soddisfazione.
 
 Sandrino, Giacinto a due
 
470Fuori la spada,
 sopra la strada,
 fuori di qua.
 
 don Fabio
 
    Son cavaliere,
 so il mio dovere,
475non lo permette
 la nobiltà.
 
 Lucrezia, Madama a due
 
    Chi nasce bene
 trattar conviene
 con civiltà.
 
 Giacinto
 
480   Fuori la spada.
 
 don Fabio
 
 Non mi ci metto.
 
 Sandrino
 
 Io vi disfido.
 
 don Fabio
 
 Io non accetto.
 
 Giacinto, Sandrino a due
 
 Per la paura,
485per la viltà.
 
 don Fabio
 
    Non l’acconsente
 la nobiltà.
 
 Lucrezia, madama a due
 
    Trattar conviene
 con civiltà.
 
 Marianna
 
490   Star in tafola, sì signori,
 no star tempo de far gritori,
 trinche Vain tempo star. (Parte)
 
 tutti
 
    Non più fracasso,
 finisca il chiasso,
495vadasi in pace
 tutti a mangiar.
 
    Dell’amicizia
 stringasi il laccio,
 con un abbraccio
500pace s’ha a far.
 
    E della pace
 godiamo i frutti,
 vadasi tutti
 lieti a mangiar.
 
 Fine dell’atto primo